Si accende ogni anno, poco dopo il ritorno a scuola, la polemica sui “compiti a casa” per gli studenti italiani. Sarebbero troppi secondo i genitori che lanciano appelli, petizioni online raccontando sui social le difficoltà di una scuola che, tempo pieno o meno, secondo loro riempie di “lezioni” da fare a casa.

troppi-compiti-scuolaSul web si trova anche una campagna su Change.org che ha raccolto circa 18.000 adesioni. I sostenitori di questa petizione scrivono che i compiti sarebbero addirittura inutili, dannosi e discriminanti.

“Le nozioni ingurgitate attraverso lo studio domestico – si legge a corredo della petizione – per essere rigettate a comando (interrogazioni, verifiche…) hanno durata brevissima: non “insegnano”, non lasciano il “segno”; dopo pochi mesi restano solo labili tracce della faticosa applicazione”

Sui social è un rincorrersi di immagini di pagine di diario piene zeppe di cose da fare, di foto di liceali che si portano dietro il libro di inglese anche al ristorante e di bimbi delle elementari in lacrime per l’eccessiva ansia da prestazione.

Secco ‘no’ agli appelli alla riduzione dei compiti da parte del premier Matteo Renzi che vede tutta la faccenda sotto un’altra luce: secondo lui si è perso il “rispetto” dell’insegnante, del suo ruolo. E il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini precisa che certo “i compiti non si possono cancellare per legge e la libertà di insegnamento è sacra”, ma “proprio grazie alla Buona Scuola sta partendo un cambiamento culturale con modalità innovative e interattive di lavoro in classe e fuori dalla classe; sia i ragazzi che i docenti saranno maggiormente responsabilizzati».

Insomma si dovrebbe lavorare di più a scuola. La querelle sulla mole dei compiti si ripropone ogni anno, osserva Giorgio Rembado presidente dell’associazione nazionale presidi, ma non c’è una ricetta pronta, una soluzione per tutti i casi.

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