Restaurata all’inizio del 2000 e mai aperta al culto. E ora la chiesa del Carmine di Castelvetrano rischia di danneggiarsi ancora. Lo scrive don Giuseppe Undari in una lettera che ha scritto d’intesa col Vescovo e ha inviato all’Ufficio del Demanio, Prefettura, Ufficio FEC del Ministero dell’Interno, Genio civile e Soprintendenza ai beni culturali. «Aumentano le criticità all’interno della chiesa del Carmine, già di San Nicolò (piazza Archimede, già piazza del Carmine) oggetto di restauri all’inizio degli anni 2000, lasciata sempre chiusa e mai riconsegnata alla collettività» è quello che scrivono nella lettera il presbitero e il Vescovo. Dall’ultimo restauro non si è fatto altro. Un ulteriore sopralluogo in questi anni ha evidenziato forti infiltrazioni nella navata sinistra della chiesa che, se non si interviene, potrebbe mettere a rischio la cappella della Maddalena.
La Chiesa è stata realizzata intorno alla metà del 1400 ed era dedicata, inizialmente, a San Nicolò; poi arrivò la Confraternita dei Carmelitani e da lì il nome di chiesa del Carmine. L’intervento di restauro del 1999 è stato possibile farlo con i fondi FEC. Sino al 2001, dopo il restauro, la chiesa è stata gestita dalla Diocesi che, non riuscendo a tenerla aperta, ha rinunciato al suo uso. Nel 2004 si verificò il crollo di parte dell’attigua caserma dei Carabinieri, già costituente il convento annesso alla Chiesa, rimasta in proprietà del Demanio Regionale, che trascinò con sé le cripte di piano terra, appendici della Chiesa stessa e che rischia ancora di danneggiare ancora di più il luogo di culto.
Dal 2013 il FEC (Fondo edilizia di culto), dopo un periodo in cui pretendeva dal Comune il pagamento di un canone, ha deciso di rinunciarvi. Oggi le condizioni sempre più di abbandono in cui versa l’ex caserma, ridotta ormai a un rudere, aggravano sempre più le condizioni della chiesa attigua, tanto più che per la Curia si presenta una nuova occasione: i fondi del PNRR, già disponibili, consentirebbero di effettuare nuovi e improrogabili interventi sulla chiesa.
«Alcune associazione di volontariato, quale Italia Nostra, si dichiarano disponibili a fornire gratuitamente il proprio supporto a redigere un progetto di recupero che, se approvato dalle autorità competenti, consentirebbe al Demanio di intervenire con una minima spesa per demolire i ruderi in questione, restituendo alla comunità il bene ecclesiastico sempre più gravemente danneggiato e rendendo fruibile una vasta area per un parcheggio sempre più utile per l’intera zona», ha detto l’ingegnere Giuseppe Taddeo.
AUTORE. Redazione