La Direzione Investigativa Antimafia, la Polizia di Stato di Trapani ed il Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Trapani hanno dato esecuzione a Ordinanza di custodia cautelare emessa dal Tribunale di Palermo, su richiesta della locale Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, con cui sono state disposte 21 misure restrittive, di cui 17 in carcere e 4 ai domiciliari, nei confronti di altrettante persone ritenute appartenenti alle famiglie mafiose di Custonaci, Valderice e Trapani, appartenenti al mandamento di “cosa nostra” del capoluogo trapanese.

Contestualmente sono state eseguite numerose perquisizioni anche nei confronti di ulteriori soggetti indagati a piede libero ed è stata altresì acquisita documentazione tecnico-amministrativa e contabile presso il Comune di Custonaci: tra gli arrestati figura un esponente di spicco della precedente giunta municipale custonacese, mentre un ex sindaco e un consigliere comunale di maggioranza in carica, indagati a piede libero, sono stati perquisiti.

L’operazione congiunta denominata “Scialandro”, durata due anni, cui hanno lavorato la D.I.A. di Palermo e Trapani, la Squadra Mobile della Questura di Trapani, nonché il citato Nucleo Investigativo dell’Arma dei Carabinieri di Trapani, ha permesso di raccogliere a loro carico gravi indizi di colpevolezza per reati di natura associativa di stampo mafioso o comunque per reati connotati dall’aggravante mafiosa.

Nello specifico, le indagini hanno portato alla luce sinergie e rapporti opachi tra esponenti della vecchia amministrazione comunale di Custonaci e le consorterie mafiose grazie ai quali queste ultime riuscivano ad imporre all’ente locale i nominativi dei beneficiari di contributi solidaristici per far fronte alle condizioni di disagio economico dovuto alla pandemia da Covid-19, o a pilotare l’affidamento di appalti pubblici in favore di ditte colluse o a loro riconducibili, anche per interposta persona, una delle quali aveva proceduto all’assunzione fittizia di un ergastolano allo scopo di consentirgli di beneficiare della semilibertà.

Il controllo socio-economico del territorio veniva attuato pure attraverso estorsioni e intimidazioni nei confronti dei titolari di aziende agricole per dissuaderli dall’acquisto di terreni finiti nel mirino dei sodalizi mafiosi.

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