Il 2 Maggio l’emittente televisiva trapanese “Telesud”, comunica nel suo notiziario delle ore 14.00, la notizia che il giornalista Rino Giacalone è indagato per tentata estorsione e millantato credito.
Il fatto sarebbe che il giornalista si sia proposto a Davide Durante – che ha qualche problema con la Giustizia – per “sistemare” la sua situazione giudiziaria, grazie a conoscenze tra i magistrati, in cambio di un favore.
Secondo l’articolo, quindi, Rino Giacalone è indagato e il Durante ha consegnato alla Procura la registrazione della conversazione, oggetto del fatto reato. L’articolo è firmato da Luigi Todaro, e sul sito dell’emittente televisiva v’è pure un editoriale del sig. Massimo Marino, Presidente di Telesud.
Entrambi, giornalista ed editore, fanno riferimento al “segreto di Pulcinella”, per dire che da settimane la notizia era nota a Trapani, sia tra gli addetti ai lavori e sia tra la gente… specificando anzi, che a Trapani non si parlava d’altro.
Pare, inoltre, che la notizia dell’iscrizione nel Registro degli indagati di Rino Giacalone, fosse già stata abbondantemente anticipata tramite il tam tam di facebook, che pur non nominandolo mai direttamente ed esplicitamente, alludeva così evidentemente al Giacalone, che da più parti giungeva oramai la notizia di un terremoto prossimo ad irrompere nella tranquilla città di Trapani, con già l’anticipazione di ulteriori clamorosi sviluppi.
Inutile qui indugiare su come può essersi sentito, psicologicamente, Rino Giacalone, dinnanzi a tale notizia, soprattutto alla luce di dolorose vicende personali, tra le quali essere già imputato in un procedimento penale per avere insultato la memoria del boss Mariano Agate di Mazara del Vallo, definito in un articolo, “Pezzo di merda”, e portato in giudizio dalla vedova del boss, che chiede un risarcimento di 50mila euro.
Parliamo con Rino di questo nuovo fatto riportato dai media e dai Social-net. Rino ci dice che il fatto non esiste, né l’essere indagato e tanto meno l’avere cercato di sistemare le grane giudiziarie di chicchessia. E noi abbiamo creduto a Rino. E così abbiamo convenuto che egli stesso facesse richiesta formale alla Procura di Trapani, per sapere se fosse indagato per i fatti suddetti.
Oggi, 19 Maggio, la Procura ha risposto, senza alcuna sorpresa da parte nostra, smentendo quanto riportato dai media e dai social.
Adesso possiamo uscire dal silenzio che ci eravamo imposti, perchè a parlare, avevamo deciso, fossero i fatti e non le opinioni o i pre-giudizi (positivi o negativi).
Adesso Rino si regolerà di conseguenza, denunziando nelle sedi opportune, chi ha diffuso false informazioni sulla sua persona e sui fatti.
A noi l’amara constatazione che di non tutta l’informazione locale c’è da fidarsi.
A noi il dubbio se i fatti, succintamente su narrati, sono il frutto di un equivoco o se c’è in atto una azione, con consapevole malafede, volta al discredito e all’annichilimento dell’impegno civile e sociale di taluni gruppi di persone?
A noi la domanda: come è possibile che una notizia possa essere inventata così di sana pianta e possa impunemente circolare?
Può un giornalista, sedicente in buona fede, prendere per buone le chiacchiere da bar (da facebook, in questo caso) e propagandarle come vere? Senza manco un tentativo di verificare la fonte e la fondatezza della notizia?
E se invece il giornalista è stato veramente in buona fede e qualcuno lo ha indotto nell’errore, non dovrebbe fare altro che scusarsi, pubblicamente, con il diretto interessato e correre in Procura a fare il nome di chi ha messo in giro voci così false e calunniose.
Alle volte le penne sparano peggio delle lupare.
comunicato stampa
LIBERA-Associazioni, nomi e numeri contro le mafie
Coordinamento Provinciale – Trapani
A mio modesto avviso il giornalismo corrisponde ad un grande potere ed allo stesso tempo ad un prodigioso strumento di libertà a fronte del quale non dovrebbe essere ammesso alcun bavaglio. Albert Camus disse che : “la stampa libera può, naturalmente, essere buona o cattiva, ma è certo che senza libertà non potrà essere altro che cattiva”.
Partendo da tale concetto, dunque, ritengo opportuno proporre alcuni spunti di riflessione senza entrare nel merito della suesposta vicenda poiché ad oggi di sicuro nulla è o può essere certo. Il mio intento è solamente quello di sottolineare il pericolo potenziale del lancio di alcuni messaggi che, volenti o nolenti, possono nuocere, a mio avviso, all’idea di giornalismo tanto quanto all’idea di legalità.
Innanzitutto leggo che il semplice fatto che giorno 19 maggio la Procura non abbia confermato , dietro richiesta ufficiale del presunto indagato, dell’esistenza di una indagine a suo carico sia già elemento utilizzabile per screditare l’operato di tutti quei giornalisti che hanno (chi con maggiori dettagli chi con meno) dato la notizia de qua.
Ebbene, al riguardo una attenta lettura del c.p.p. (codice di procedura penale) aiuta ad avere un idea più completa della questione:
una volta che il nome dell’indagato è stato iscritto nel c.d. registro notizie di reato, le indagini continuano a svolgersi di regola in segreto (art. 329 c.p.p.). Ciò vuol dire che, se non vengono compiuti atti conoscibili e non viene disposta alcuna misura cautelare, l’indagato non ha notizia ufficiale che è in corso un procedimento penale a suo carico. Ben può verificarsi che l’indagato ne abbia conoscenza “ufficiosa” (indiscrezioni, stampa ecc) tuttavia solo quando il pubblico ministero stia per compiere un atto garantito l’indagato, mediante l’informazione di garanzia, ha notizia ufficiale del procedimento a suo carico. Lo stesso vale per la persona offesa al reato. E’ pur vero anche che, ai sensi dell’art. 335 c.p.p., prima che pervenga l’informazione di garanzia (o atto equivalente), l’indagato è l’offeso possono ottenere una notizia “ufficiale” dell’esistenza di un procedimento che li riguarda se si attivano, e cioè se chiedono alla segreteria del pubblico ministero di avere conoscenza delle iscrizioni a proprio carico. Ma non è detto che possano ottenere una risposta significativa.. infatti l’ufficio di segreteria , su indicazione del pubblico ministero, risponde alla richiesta dell’interessato con la seguente frase: “non risultano iscrizioni suscettibili di comunicazione” (formula prevista dall’art. 110 disp.att.).
A fronte di ciò, dunque, ad oggi non ritengo sia possibile ammettere o escludere nulla sull’esistenza della citata inchiesta ed a fronte di ciò non ritengo, dunque, equo scagliarsi contro chi ha scritto o riportato la notizia in questione.
Ovviamente credo anche che nel caso in cui, dopo un lasso di tempo ragionevole, nulla venga ad emergere sarà sempre possibile, da parte del diretto interessato, agire nelle sedi opportune per rifondersi degli eventuali pregiudizi subiti alla propria immagine a fronte delle citate notizie infondate.
Tuttavia la cosa che più mi stranisce, nel caso di specie, è vedere un comunicato ufficiale stampa, posto a difesa del sig. Giacalone, da parte di Libera avente una tale repentinità e soprattutto una tale forza screditante dell’opera di altri giornalisti che, presumibilmente in buona fede, non hanno fatto altro che il loro lavoro di inchiesta come lo stesso Sig. Giacalone ha, a sua volta, sempre fatto.
A mio modesto parere non pare opportuno, pertanto, che una associazione “LIBERA” nata per la tutela di altissimi interessi diffusi debba farsi portavoce di un singolo che, tra l’altro potrebbe benissimo, con gli strumenti previsti dalla legge, tutelare da sé le proprie ragioni nelle opportune sedi.
Da ciò dunque emergono in me molte domande: tale comportamento non rischia di essere in controtendenza con l’immagine di neutralità, imparzialità e trasparenza etica che la suddetta associazione dovrebbe mantenere per statuto? Inoltre, la critica a priori di altri giornalisti ( ed a maggior ragione se risultasse ex post affrettata e/o ingiustificata) non rischia di essere vista come un abuso verso il pluralismo di informazione (altro valore che dovrebbe invece esser tutelato per statuto dalla citata associazione)? Da ciò non potrebbe emergere il messaggio distorto che LIBERA agisce come una sorta di ordine fine a se stesso e nell’interesse primario di coloro che ne fanno parte o che comunque hanno la fortuna di godervi di innumerevoli amicizie? Non si rischia , allo stesso modo, di far emergere l’idea che ci possano essere degli intoccabili “a priori” per il sol fatto che si siano prodigati nell’impegno antimafia in tal modo mortificando l’attività dell’antimafia stessa? Inoltre…
… Inoltre, sull’accertamento delle varie responsabilità (del Sig. Gaiacalone tanto quanto dei sig.ri giornalisti nel caso di notizia diffamatoria) non è maggiormente conforme al principio di legalità la totale remissione della questione all’opera dei giudici? Ed infine il diritto di critica, anch’esso espressione libertaria di società civile al pari del giornalismo, non sarebbe stato meglio se portato avanti a sottoscrizione del singolo piuttosto che attribuirlo all’intera associazione con il rischio di farla apparire faziosa?
Spero che le mie osservazioni possano offrire spunto per una sana riflessione di tipo costruttivo sugli importanti temi oggetto della vicenda.
Saluti
Mi sento chiamato in causa e desidero rispondere. E lo faccio sereno, il mio comportamento oggi è oltre modo corretto. Scrivo dopo avere inviato le richieste di rettifica ai giornali che hanno pubblicato la notizia di una indagine che mi riguarda, e quindi al contrario delle boiate scritte su Fb da qualcuno non sono rimasto in silenzio e non mi sono difeso inducendo Libera a intervenire. Se sono stato in silenzio è per il rispetto dovuto all’autorità giudiziaria che dinanzi “ad una fuga di notizie” penso (per casi analoghi avvenuti in precedenza a Trapani come presso altre Procure) avrebbe dovuto attivare immediatamente le misure per blindare l’indagine, per evitare sottrazione di prove, inquinamento delle indagini.
Dinanzi a ipotesi di reato così gravi, tentata estosione e millantato credito ripeto con una fuga di notizie ci sarebbe stata la necessità da parte della magistratura di intervenire subito sopratutto nei riguardo dell’indagato per impedirgli ogni “fuga” dalle proprie responsabilità.
Ripeto e ricordo al “cittadino osservatore” ma a tutti coloro i quali avranno la voglia di leggermi Questo fino ad oggi non è avvenuto, resto a disposizione della magistratura, ma alla magistratura mi appresto a rivolgermi per essere tutelato, perchè sono certo di non avere mai commesso reati del genere. Mi permetto di osservare, in punta di piedi, che ho la sensazione che dietro il cittadino osservatore possa esserci qualche avvocato, per essersi dimostrato fin troppo dotto sul contenuto del codice. Ed è notorio che con gli avvocati, sopratutto con gli avvocati difensori dei mafiosi, non ho mai avuto buoni rapporti. E quindi in questo caso l’intervento del cittadino osservatore potrebbe rientrare nella strategia di mettere in dubbio la mia correttezza professionale, perché lo scritto mi pare di capire ha due obiettivi, rendere incerto il contenuto del certificato ex art. 335 del cpp che mi è stato rilasciato e stigmatizzare l’azione di Libera, che in questa provincia non è cosa nuova.
Spero sinceramente di essere smentito e che l’intervento non sia provocatore. La preoccupazione però resta, perchè a questo punto l’osservazione così dotta pare scritta da un professionista, e un professionista attento certi errori di valutazione non può commetterli, se non perchè in malafede. Ma mettiamo il caso, come sinceramente spero, che a scrivere sia un cittadino che si interessa alla cosa in modo attento e approfondito ma personalmente disinteressato cioè senza parti personali da difendere. Pronto a difendere il buon nome della magistratura, suggerire giusti comportamenti a Libera e convinto che un giornalista come me non deve così sbagliare. Dico subito: Libera da 20 anni ha le prove di un mio comportamento sempre lineare, chiaro e trasparente contro ogni forma di collusioni. Non ho mai avuto peli sulla lingua. La sua difesa non era un obbligo nei miei confronti ma in questi giorni mi ha incoraggiato a non abbattermi come invece forse qualcuno voleva fare, cogliendomi pure in un momento di personale difficoltà. Circostanza mi risulta essere nota anche a più di qualche collega. Detto questo ripeto: certo l’indagine può esserci, ma mi chiedo come può esistere se il presunto denunciate nega di aver mai denunciato alcuno? E poi dinanzi alla gravità delle accuse, millantato credito e tentata estorsione, una volta accaduta la “presunta fuga di notizie” la Procura avrebbe avuto ragioni e motivi per sentire immediatamente l’indagato “giornalista aggiustatore” o comunque ad operare tutte le attività utili alle indagini, perquisizioni, ecc. Assieme, badate bene, all’avvio immediato di una procedura per fuga di notizie. In altri casi del genere questo è accaduto, sono scattate immediate le perquisizioni presso i giornalisti che si sono resi autori della fuga di notizie (e ripeto stiamo parlando di indagini pesanti, tentata estorsione).
Sono trascorsi 20 giorni e fino ad oggi non è accaduto nulla di questo genere. Una volta finita stampata l’indagine ha smesso di essere “il segreto di pulcinella” (e per avere inserito questo passaggio l’indagine stessa e la magistratura non mi pare essere stati trattati dall’autore dell’articolo quindi con il dovuto rispetto) e quindi 12 giorni dopo dalla fuga di notizie che ragione avrebbe la procura di non notificare all’indagato l’avviso di garanzia? E di rilasciare invece un certificato che esclude l’indagine! Se davvero avessi fatto male in questi giorni avrei potuto già ripulire, semmai avessi commesso davvero il reato, computer, pc, ipad, il mio studio da eventuali carte compromettenti e quindi la Procura semmai avrebbe avuto ben ragione di procedere subito alle perquisizioni per evitare quindi eventuali danni all’indagine. Inquinamenti probatori mi pare si chiamino. Tutto questo ripeto non è accaduto. Io non ho rimosso o toccato alcuna carta, perchè carte compromettenti non ho. Peraltro le indagini cui è soggetto l’imprenditore (per essersi impossessato di somme di una società) sono note e sono note allo stesso imprenditore che ha ricevuto avviso di garanzia e proroga delle indagini, non c’è stata alcuna decisione da parte del pm, l’indagine è aperta, questo all’attento giornalista di giudiziaria è una cosa che è sfuggita. Certo la ricostruzione offerta è quella che io giornalista avrei promesso ma poi non ho fatto nulla e dunque l’imprenditore vistosi indagato si è ribellato. All’attento cronista di giudiziaria è così sfuggita la cosa che l’indagine sull’imprenditore è partita dopo una denuncia dell’ente che dice di avere subito la sottrazione di somme. E si è subito così consolidata. Non è stata frutto di una intuizione investigativa, di una indagine autonoma, ma è scaturita da una denuncia, cosa c’era da poter coprire. Io non lo so ma non lo so anche perché fattacci di questo genere non ne ho mai commessi e non saprei come commetterli. Non c’era quindi alcuna indagine pre-esistente che in qualche modo, secondo la ricostruzione, poteva essere controllata o inquinata da soggetti esterni. La mia storia personale e professionale sono prova concreta che cose di questo genere non ne ho mai commesse, non saprei come metterle in pratica, spesso è invece accaduto che miei articoli siano stati all’origine di indagini. Penso invece che nei miei confronti ci sono stati ripetuti tentativi di delegittimazione proprio per aver saputo fare bene il mio mestiere. Questo debbo dire certe volte ho saputo farle bene, altre volte magari ho sbagliato, e quando è successo ho rettificato, chiesto scusa, ho ammesso l’errore, nessuno è infallibile. Faccio osservare una cosa all’attento cittadino che a mio avviso leggendo gli articoli poteva avere ben ragione semmai di dubitare sulla fondatezza della notizia. Le fonti indicate da chi ha scritto l’articolo, lo ha scritto, sono stati il chiacchiericcio dei bar, i rumors, i social network che fanno da cassa di risonanza, generici ambienti giudiziari e infine il no comment del procuratore Viola. La negazione di un magistrato diventa una conferma? Il no secco dell’imprenditore che dice di non aver denunciato il giornalista è una conferma? La voce raccolta nei bar è voce che può essere ritenuta credibile per un articolo così delicato e importante per il reato che sarebbe stato commesso e per la rilevanza sociale dei soggetti coinvolti? Ma le chicchere da bar non si possono riconoscere giammai come fonti e certamente come fonti della cronaca giudiziaria, cosa questa che fa rivoltare nella tomba i giornalisti di giudiziaria che non ci sono più a cominciare da quelli morti ammazzati per avere fatto il loro dovere di cronista serio fino in fondo. Walter Tobagi, vittima del terrorismo a Milano, prima di morire durante un intervento pubblico disse che quando un giornalista ha una notizia che è fondata, ha rilevanza pubblica e risonanza sociale, ha il dovere di scriverla facendo capire anche quale è la fonte, così rende un servizio a chi legge, in caso contrario, sfuggendo a queste regole rende un “servizietto”. E’ stato reso un servizietto a qualcuno nel mio caso. Il lettore non è stato servito correttamente. Questo è lo scenario che non è solo a me che mi lascia dubitare (a parte la certezza mia e che può essere lo capisco solo mia di non aver commesso gli illeciti ipotizzati) ma dovrebbe suscitare sospetti in chi ha letto e ascoltato. Ho colto invece, anche attraverso certi silenzi che mi hanno circondato, la felicità di molti che così di colpo senza soffermarsi hanno applaudito, perché finalmente il castigatore (il giornalista tanto noto) è stato colpito. Per questo continuo a sostenere che tutto questo mi è accaduto non per avere commesso il reato, non ho commesso alcun reato, ma per essere stato un giornalista che ha scritto di indagini e processi , di avere scritto di Messina Denaro e delle sue malefatte, dei suoi complici che lo adoravano, e lo adorno, dei consiglieri comunali e dei sindacalisti che portavano pizzini mentre si rapportavano con le pubbliche istituzioni senza remore, e non stando come altri seduto dietro la scrivania, attendendo la telefonata dell’avvocato dell’indagato o dell’imputato che aggiorna, ovviamente secondo la sua versione più comoda. Ho scritto parlando con i pm e gli avvocati, con gli investigatori, ascoltando le udienze e sopratutto ascoltando tante vittime della crudeltà mafiosa e di quella politica corrotta. E questo notoriamente ha sempre dato fastidio perché il problema e non da oggi è l’antimafia non la mafia. E io nei servizi tv sono stato indicato come giornalista discusso perchè anche impegnato nel movimento antimafia. Strana sottolineatura a colpire assieme a me il movimento antimafia, quello serio e credibile, quello di Libera al quale io sono legato parecchio. E infine…come mai nessuno scrive, anche il bravo giornalista che riesce a sfondare il muro del riserbo, che in questo momento è in corso un processo contro una persona, che di fatto faceva il giornalista, senza avere la tessera (ma questo è vero mi si dirà non è un elemento essenziale, Rostagno nemmeno l’aveva però raccontava i fattacci di casa nostra molto bene), soggetto che ha fatto anche l’assessore, processato guarda caso per tentato millantato credito? A Trapani meglio scrivere di indagini inventate e non di processi veri. Non si scrive che io sono sotto processo per aver dato del pezzo di merda ad un mafioso morto, che pubblicamente, è accaduto durante un convegno, non ho avuto difficoltà a fare l’elenco dei pezzi di merda mafiosi vivi con tanto di nomi e cognomi che qui non ripeto solo per non dar guai alla testa on line alla quale chiedo ospitalità con questo scritto., E’ vero, per tornare al tema posto dal cittadino osservatore, la certificazione ex art. 335 del cpp potrebbe non dare certezza dell’inesistenza dell’indagine, oggi però mi permette di potere dire che non sono indagato e chi lo ha detto ha detto il falso. Sono stato calunniato, il resto, i boatos dei social network, i sorrisini e gli ammiccamenti al mio passaggio, hanno fatto il resto del danno, ma quello maggiore è venuto dagli articoli di stampa e televisivi. E tutto questo non mi sa tanto di indagine vera ed esistente ma sa tanto di “regia”. Oggi ho avuto il piacere di essere accolto come uno della “squadra” dalla Polizia nel giorno della celebrazione del 163° anniversario, alla Festa della Polizia ho avuto la stretta di mano del signor Questore e di tanti dirigenti e funzionari. Non si accoglie così un malfattore anche quando è presunto. Ma questo ai cronisti di questa provincia è sfuggito perchè non c’erano e quindi semmai avessero voluto farlo non lo hanno potuto raccontare nei servizi odierni. Se avessi dovuto io scrivere la cronaca della festa e avessi visto tanta accoglienza per un soggetto che 20 giorni fa è finito sui giornali per presunti gravissimi reati, la circostanza avrebbe rappresentato certamente una notizia da scrivere. Un indagato “eccellente” (che sono “eccellente” non lo dico io, anzi rifuggo da questa affermazione, ma lo ha scritto l’autore degli articoli comparsi sulla carta stampata e in tv dove i fatti sono stati stigmatizzati da un editore parecchio fustigatore a modo suo) non si accoglie in questa maniera. Io oggi posso difendermi presentando rettifiche ai sensi della legge sulla stampa e querele. All’attento cittadino osservatore è sfuggito il fatto che il “dovere giornalistico” di sentire l’imprenditore per chiedere se davvero avesse denunciato il giornalista, non è stato applicato nei miei confronti. Quell’articolo e quel servizio avrebbe dovuto avere contemporaneamente la mia replica che certamente sarebbe stata documentata a tal punto da incrinare la credibilità dell’articolo. E invece l’obiettivo non era quello di fare lo scoop sull’indagine, quella è stata la vetrina, l’obiettivo era semmai quello di mettere in moto, come ha detto bene una mia collega, Michela Gargiulo, che ha scritto, tutto quanto sta accadendo qui , su articolo 21.org, la macchina del fango. Perchè solo di questo si tratta. Mi scuso del lungo intervento e vi ringrazio per l’ospitalità che vorrete darmi.
Rino Giacalone
Aggiungo di più e sottopongo ancora al cittadino osservatore: secondo il resoconto giornalistico siamo dinanzi ad una indagine blindata e quindi, si deduce, è opportuno tutelare le fonti ed è difficile esternare gli elementi sui quali la notizia si fonda…poi però sempre il resoconto parla di chicchere, rumor, boatos dei social network, e infine dice che è un segreto di pulcinella, delle due l’una, o l’indagine è blindata o è conosciuta da tanti. Ed ancora: non sono un giornalista d’inchiesta sono un giornalista che racconta e quando racconta sopratutto fatti di cronaca giudiziaria lo ha fatto “carte alla mano”. Dunque una cosa sono io cosa diversa sono gli altri che mi hanno gettato così tanto fango addosso.
Egregio sig. Giacalone,
mi scuso innanzitutto della tardività della mia risposta ma ho preso solo adesso cognizione del suo ampio commento. Certo, posso dire che non mi aspettavo una sua risposta personale a quanto da me precedentemente scritto e ciò per tre motivi corrispondenti ad altrettanti dati di fatto: 1- il mio intervento non era diretto a lei ma tutt’al più si poneva in maniera critica (ma sempre con propositi costruttivi e migliorativi) nei confronti del comunicato stampa dell’Associazione Libera, 2- ho espressamente evitato di entrare nel merito della vicenda che , di sicuro, ad oggi non permette alcuna valutazione in fatto ed in diritto; 3- ho avvertito solamente la necessità di rendere edotti i lettori sul significato del certificato 335 c.p.p. che costituiva l’oggetto “probatorio” principale proprio del comunicato citato.
Da ciò, dunque, non credo sia possibile attribuirmi alcuna malafede nei suoi riguardi. Ritengo, dunque, che non siano stati, da lei, ben compresi gli “obiettivi” perseguiti attraverso il mio intervento che, evidentemente, non è stato letto con la dovuta attenzione. Penso, dunque, sia opportuno spiegarglieli. Innanzitutto ho sentito l’esigenza di chiarire , per l’appunto, la portata del certificato 335 c.p.p. solo perché alla luce di quanto scritto nel codice ne osservavo una rappresentazione (fattane nel comunicato di Libera) sicuramente disinformante. Al riguardo, di sicuro non sono io a voler rendere il suddetto certificato incerto (ai fini della prova della insussistenza dell’indagine nei suoi riguardi) ma è proprio il codice a dirci questo ( lei al riguardo sembra anche darmi ragione). Il mio, quindi, era soltanto un discorso meramente tecnico volto ad evitare delle inesattezze ma ciò non significa che io intendessi far capire alcunchè sull’ipotizzata indagine nei suoi confronti. Le posso dire anzi che, essendo perfettamente consapevole di questa incertezza, ho ritenuto opportuno non entrare nel merito della vicenda e non intendo farlo adesso nonostante lei abbia aggiunto molti aspetti sui quali potrei addurre ulteriori specificazioni (ad es. il fatto che la persona offesa abbia o meno denunciato non sarebbe comunque indicativo di nulla poiché, teoricamente, trattasi di reati procedibili d’ufficio.. ma ripeto non voglio entrare oltre nel merito della questione). Un altro fattore che mi ha spinto all’intervento è stata anche l’esigenza di muovere una critica costruttiva ad una associazione che ritengo molto importante e che ritengo debba essa stessa, in primis, tutelare questa sua importanza ed autorevolezza evitando di apparire ad appannaggio di pochi. Credo, inoltre, che Libera dovrebbe provare a mostrare una sempre più grande apertura verso la gente comune (cioè coloro che non si presentano come i c.d. “ professionisti dell’antimafia”) e per fare ciò non può , a mio avviso, calarsi in vicende prettamente personali (come in questo caso) correndo il rischio dell’ inopportuna (per il suo ruolo specifico) sostituzione di giudizio sull’eventuale lavoro della magistratura (che potrebbe essere anche quello susseguente ad una sua denuncia per diffamazione nei riguardi dei giornalisti autori degli articoli che la riguardano). Attenzione: con ciò non intendo privare alcuno del sacrosanto diritto di critica e di libertà di espressione (a cui, tra l’altro, tengo moltissimo) ma , proprio per tale motivo, ho scritto che sarebbe stato meglio che la sua difesa fosse avvenuta a sottoscrizione del singolo o dei singoli (che potevano benissimo essere anche coloro che ricoprivano cariche verticistiche in seno a Libera) e non dell’Ente tout court e ciò proprio per le ragioni di opportunità suesposte. Tutto quì. Non credo, dunque, sia possibile attribuirmi alcuna malafede nei suoi riguardi in relazione a quello che ho precedentemente scritto. Certo, comprendo anche che per lei l’attuale momento non è facile.. tra l’altro posso benissimo anche capire come ci si possa sentire ad essere tacciati di reati mai commessi senza , magari, essere mai stati indagati! Questo “sciacallaggio” di sicuro non lo auguro proprio a nessuno poiché sicuramente comporta per la vittima il patimento di una profonda violenza nella propria dignità umana e dinnanzi a ciò ci si sente sicuramente indifesi oltre che molto frustrati. Tra l’altro tali illazioni, già odiose se avvengono mediante una mera diffamazione verbale, vengono ad essere ancora più insopportabili se fatte mediante la strumentalizzazione del mezzo della stampa che attribuisce, quindi, al citato “mascariamento” una incredibile potenza. Anzi lei, in questa sfortunata vicenda, ha dalla sua il supporto incondizionato di innumerevoli giornalisti ed associazioni che la difendono a spada tratta (come lei d’altro canto fa a sua volta) per non parlare delle innumerevoli cariche istituzionali che (come da lei scritto) non le fanno mai mancare una accoglienza ed un conforto personale.
La invito a riflettere sul fatto che non tutti gli ingiustamente “mascariati” hanno questa fortuna. Con ciò concludo , quindi, dandole tutta la mia solidarietà ed aggiungendo che anche a fronte di una effettiva indagine nei suoi riguardi ed addirittura anche nel caso di un eventuale rinvio a giudizio io non potrei comunque esprimere alcun giudizio di colpevolezza verso la sua persona poiché ,a fronte di quanto previsto all’art. 27 della nostra splendida Carta Costituzionale, lei sarebbe comunque da ritenere presuntivamente innocente fino ad una definitività di giudizio da parte della magistratura.
Spero di aver adesso debitamente chiarito il mio punto di vista.
Cordiali Saluti
caro Osservatore capovolga il suo scritto e porti all’inizio la sua riflessione su quanto accaduto: è stata fatta una opera di denigrazione assolutamente gratuita. E’ stata data una notizia FALSA! Rispetto alla quale io ho pochi strumenti per tutelarmi se non quelli di chiedere la relativa certificazione e le querele o denunce. Non è meno rilevante poi il fatto che chi sostiene l’esistenza di una indagine non mi pare che indichi, anche genericamente, la fonte della notizia. Quando mi è capitato di scrivere di indagini in corso, e mi rendo conto l’attività giornalistica può avere suscitato negli anni tanto fastidio da innescare l’opera di denigrazione, ho scritto la sede delle indagine, quale Procura, il magistrato titolare, gli organi investigativi. Non si può scrivere di una indagine citando le chiacchere da bar, i rumor, facebook, il tam tam cittadino. Non si può scrivere, come è stato fatto, che io, oggetto dell’articolo, debba andare a cercarmi la Procura che mi indaga perchè l’autore del pezzo, o il suo editore , non sono capaci e in grado a farlo. Forse, anzi sicuramente, perchè non c’è alcuna indagine. Il suo intervento sul 335 ed altro va bene se ci si confronta su qualcosa che c’è. Le posso poi ricordare che la nostra carta Costituzione assieme all’art 27, negli art 2 e 3 sancisce il diritto alla dignità della persona, la tutela della reputazione, che nel mio caso è stata CALPESTATA! Su Libera le dico chiaramente: su cosa deve intervenire una associazione come Libera se non quando soggetti davvero liberi, corretti, diventano, come lei ha scritto e riconosciuto, oggetto di opera di sciacallaggio? Libera ben mi conosce e sa che la mia è stata e continuerà ad essere una condotta lineare, trasparente, non funziona con me il detto “calati junco chi passa la china”, non mi abbasso davanti ad atti di così tale violenza e arroganza. Non credo che sarebbe utile ricondurre Libera a mera associazione che si limiti a commentare i fatti, esprimendo compiacimenti a destra e a manca e poi stare in silenzio dinanzi ad atti come quello da me subito. Io non penso si essere più fortunato di altri, anzi tutt’altro. Penso che quando si “mascaria” una persona la cosa resta. Posso ricordarle tanti casi, di persone che hanno avuto riconosciuto il “mascariamento” e delle quali quando capita di parlarne c’è sempre qualcuno pronto ad alzare il dito e porre dubbi. Tutto il resto del suo ragionamento va bene, ma dinanzi ad indagini in corso. Oggi a parte il fatto di conoscere gli autori della “calunnia” (contro i quali agirò nelle sedi opportune), io penso che più che diffamazione è calunnia, e lei che mi sembra buon conoscitore del diritto dovrebbe darmene conferma, non conosco il resto dello scenario che ha organizzato “l’agguato” mediatico. Posso intuire ma non ho le prove. Sono certo che le avrò e allora indubbiamente avremo di che discutere su cosa è Trapani oggi. la saluto amichevolmente Rino Giacalone