Il Pantano Leone è uno specchio d’acqua formatosi nel 1977 in conseguenza dell’apporto di acque piovane e reflue del comune di Campobello di Mazara, si estende per circa 6 ettari.
Grazie al fenomeno della fitodepurazione tipico degli ambienti acquatici e delle zone umide, diventa area di pregio per l’avifauna acquatica e un numero non indifferente di rettili, anfibi, mammiferi e insetti. È stato il primo sito in Italia ad accogliere la nidificazione dell’Anatra marmorizzata (Marmaronetta angustirostris).
Nidificazione che è stata documentata dal naturalista Enzo Sciabica (nella foto in basso). Nidificano anche la Moretta tabaccata (Aythya nyroca)e il Fistione turco (Netta rufina). È frequentato dal Mignattaio (Plegadis falcinellus) e dalla Cicogna bianca (Ciconia ciconia). Le potenzialità dello stagno sono state subito apprezzate a livello europeo, l’area infatti ricade all’interno della Zona di Protezione Speciale (ZPS) ITA 010031 e nel luglio 2011 il ministero dell’Ambiente inserisce l’area tra le zone umide di importanza internazionale ai sensi della Convenzione di Ramsar.
Dal 2008 il comune di Campobello di Mazara si è dotato di un nuovo impianto di depurazione collocato a valle del Pantano Leone che impedisce l’approvvigionamento idrico dello stesso in quanto scarica le acque depurate direttamente in mare. Da quel momento il Pantano Leone si prosciuga durante la stagione estiva, in autunno con l’arrivo delle prime piogge diverse specie avifaunistiche sono tornate a popolare questa zona umida, ad attenderli però i bracconieri.
Risale a pochi giorni fa il ritrovamento di un esemplare di Fischione ferito e di una Cicogna bianca morta impallinata. La cicogna portava sull’arto destro un anello di riconoscimento, era stata inanellata in Svizzera, dove probabilmente è nata.
Sulle sponde dello specchio d’acqua ami da pesca mimetizzati in mezzo al mais utilizzato dai bracconieri come pastura per attirare gli anatidi in un una trappola mortale. Per la tutela di questa zona Ramsar, sarebbe importante una maggiore attività di vigilanza da parte delle guardie venatorie in collaborazione con i volontari delle associazioni ambientiliste.
Articolo di Dott. Antonino Barbera biologo
Foto sono di Enzo Sciabica naturalista
AUTORE. Redazione