È una rabbia che non potrà mai andare via quella di Rosamaria Vento, figlia di Vincenzo, rimasto ucciso per sbaglio in un agguato di mafia il 28 aprile 1984 a Castelvetrano. Sono passati 38 anni da quell’efferato omicidio: «Con gli occhi tristi e colorati dall’orrore osserviamo questo mondo malato, immobilizzati nel suo fango, nel liquame della sua corruzione arresi al putrido potere politico». Rosamaria, quando il papà venne ucciso, aveva due mesi di vita e del padre non conserva nessun ricordo: «Oggi non reagiamo più quando invece dovremmo lottare, scuotere le coscienze, cambiare le regole di questo sporco gioco, sfidare con tutti i mezzi disponibili le macchinazioni omicide dei grandi poteri. Questo oggi dovrebbe essere la nostra meta, invece accondiscendiamo alle sue barbarie, alle sue ipocrisie, agli inganni, diventando noi stessi complici della nostra disfatta!». Per Rosamaria viviamo in un «mondo marcio».
Dell’omicidio del papà ha conosciuto la storia solo quando è diventata ragazzina. Due killer vennero a Castelvetrano per uccidere Epifanio Tummarello, ex sorvegliato speciale e Vincenzo Vento, solo per caso, si trovava sullo stesso furgone con Tummarello. I killer non risparmiarono di uccidere anche il suo papà che sarebbe stato un testimone scomodo. «Mio padre, dopo essere stato ferito, aveva implorato i killer di lasciarlo stare perché a casa c’erano i suoi figli piccoli che l’aspettavano – racconta ora la figlia – ma non hanno voluto sentire ragioni». I killer di quell’omicidio vennero subito arrestati e furono loro stessi a raccontare gli ultimi momenti di vita di Enzo, durante il processo.
AUTORE. Redazione